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Il Peggiore

Pensieri da Blog

50 anni di Hip Hop pt.2 – Fra Rabbia e Contestazione finisce un’era

Tutto finisce, e così anche la Golden Age del rap. I miti, le morti violente, la rabbia. Restano solo le belle canzoni?
Continua la serie dedicata al mio amore per il rap nei 50 anni del primo party hip-hop. Qui trovi il primo capitolo sul rap anni 90 in Italia.

Anche in questo caso è disponibile una playlist di brani anni 90 internazionali. Ascoltala mentre leggi l’articolo per rivivere quell’epoca. (se non vedi la playlist YouTube qui sotto, devi cambiar preferenze sui cookies e accettarli)

 

Il paese dei balocchi

Mentre vivevo gli anni d’oro del rap in Italia, mi capita una vacanza-studio in Scozia per migliorare l’inglese, e ad Edimburgo scopro la HMV: vedo per la prima volta una catena di negozi di musica. Questo Paradiso in Terra per gli amanti della musica vende CD nuovi a prezzi inferiori a quelli masterizzati in Italia.
Miracoli del capitalismo UK, in cui si produce più musica di quella che la gente possa ascoltare.

I masterizzatori in Italia sono ancora appannaggio di losche organizzazioni e ricchi possidenti, per cui il meglio che un adolescente squattrinato possa fare per ascoltare qualcosa di nuovo senza svenarsi, è andare il sabato mattina al mercatino rionale e sperare che l’amico africano abbia dischi interessanti e nuovi giochi per la Playstation.

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Alla scoperta delle radici

Dalla HMV di Edimburgo mi porto a casa fra gli altri un doppio album con i migliori classici dell’hip-hop ed è così che scopro i mostri sacri, i veri progenitori della nostra cultura: Sugarhill Gang, A Tribe Call Quest, House of Pain, Beastie Boys, Grandmaster Flash and The Furious Five, Public Enemy… La luna di miele con l‘hip hop sembra non avere fine.

Per inciso, recupero anche un paio di dischi dei Green Day, che avevano appena dato il via alla più bella stagione del punk melodico.
Che anni che sono stati.

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Finalmente MTV si inizia a vedere bene anche a casa mia e sbarcano Snoop Dogg, Tupac, Dr. Dre, Notorius B.I.G., Will Smith… Il video di California Love diventa un cult assoluto in heavy rotation con Waterfalls di TLC e Crossroads di Bone Thugs N Harmony, riprodotti in sequenza per almeno un’estate intera.
Se hai vissuto quegli anni, senza YouTube e con 4-5 programmi televisivi decenti, puoi capire la felicità di poter avere accesso ad MTV.

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Il video di California Love, ispirato a MadMax, ha una cura dei dettagli e la canzone è talmente coinvolgente che non penso esista un solo amante del rap sul pianeta che, dopo averlo visto in quegli anni, non sia rimasto a bocca aperta.

East Coast VS West Coast

Quando tutti ci stavamo divertendo come mai prima di allora, i discografici decidono che le rivalità fra crew possono essere esacerbate per generare ancora più hype in un genere musicale che non si sa quanto possa durare. Le crew sono gruppi di rapper e amici, che in USA spesso coincidono in quegli anni con vere e proprie gang criminali, mica come oggi che è tutta finzione.
Quindi se in USA nasce West Coast contro East Coast, da noi la Spaghetti Funk degli Articolo 31 e in generale la scena milanese inizia a dissarsi (lanciarsi insulti a tempo di rap) con quella di Bologna, anche se sostanzialmente sembra una gara “a chi è più vero” combattuta a colpi di interviste sulle riviste.
Nel frattempo la scena romana si radicalizza, su suoni sempre meno pop e sempre più hardcore, e decide di sparire dal mainstream per non snaturarsi.

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Questa foto ha fatto letteralmente la Storia. L’icona plastificata è stata venduta all’asta per 600.000$, ed è stata citata in innumerevoli film.

Creatività coatta

All’interno di questo clima che inizia a farsi pesante si distinguono un suono leggero e una filosofia cazzara che portano una ventata di novità. Arrivano infatti Piotta con Supercafone e La Grande Onda; e i Flaminio Maphia con Che Idea e Ragazze Acidelle, e hanno un’intuizione: visto che tutti possono vedere facilmente i video grazie alla sempre maggior diffusione dei canali musicali, perché non trasformare anche in Italia i videoclip in veri e propri micrometraggi con ospiti anche importanti (come Valerio Mastandrea in Supercafone)?
Il mercato premia lo sforzo fa schizzare in cima alle classifiche tutti i pezzi che hanno un bel video.

Inciso: se ancora non si è capito, i suoni a me più cari musicalmente sono quelli “west coast“, melodici e magari con il ritornello cantato.
Aver citato molto Neffa doveva del resto farlo intuire, e questa doverosa citazione di Tommaso Zanello alias Piotta era d’obbligo.

 

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Ma l’idea è nulla senza qualcuno che possa realizzarla: i video geniali di questi pezzi sono opera dei Manetti Bros, che diventano in men che non si dica famosi anche per il grande pubblico. I Manetti Bros sono un duo di fratelli che da lì in poi scrive e dirige decine di video musicali di innumerevoli star: Alex Britti, Tiromancino, Jovanotti, Mietta, Cor Veleno, Max Pezzali, Joe Cassano…
A livello di riconoscimenti ufficiali, il loro più grande successo probabilmente è Ammore e malavita, commedia musicale che vince il premio David di Donatello 2018 come miglior film.

In questa personale rassegna di ricordi sugli anni 90 ci tengo a citare i Manetti Bros per due opere in particolare:

  • Torino Boys, film di cui Neffa cura una sublime colonna sonora. Credo sia l’unica colonna sonora hip-hop, di un film italiano che non abbia l’hip hop come tema principale.
  • Zora la Vampira, un B-Movie horror-comedy in cui partecipa persino Carlo Verdone. Film tamarro, una sorta di Scary Movie all’italiana (Zora anticipa di pochi mesi l’uscita del blockbuster americano, ma con un decimo del budget, se non un centesimo) dalla trama grottesca e pieno di gag, con protagonisti una marea di rapper dell’epoca, Valerio Mastandrea, Carlo Verdone e Micaela Ramazzotti.

Se ami anche solo un pochino così il rap, questi due film dovresti recuperarli.

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Carlo Verdone in Zora la Vampira

I’ll be missing you

In America ci scappa qualche morto, e non parliamo di persone qualunque: 2Pac e Notorious B.I.G., entrambi freddati in attentati per strada, sono due delle voci di punta della scena musicale.
Qualcuno per altro ci specula tirando fuori una hit come I’ll be missing you di Puff Daddy (che da allora deve pagare i diritti vita natural durante a Sting, a cui ha rubato il ritornello).

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La foto di Puff Daddy non la metto perché mi sta antipatco, per cui eccovi Dr.Dre e Snoop Dogg giovanissimi.

La fine e la morte delle icone

Sono queste morti a sancire a mio avviso l’inizio della fine della Golden Age del rap. Non voglio approfondirne le dinamiche perché ci sono documentari e libri in merito, così come ho volutamente saltato le origini del movimento.

In 3 anni la mia generazione perde almeno 3 dei suoi grandi miti generazionali: Kurt Cobain, 2Pac, Notorious B.I.G. (a cui si aggiungono Battisti e De André, che ha ancora molta influenza sui miei coetanei).

Io non so quanti anni hai tu che stai leggendo questo articolo, ma spero che ti renda conto dell’impatto sociale e artistico di Rap e Grunge nella cultura mondiale. Se TUTTI per anni hanno avuto almeno una camicia a quadrettoni nel proprio armadio e una maglia oversize, è anche per merito di Kurt Cobain. Se oggi le radio sono sature prima di rap e poi di trap, è perché la mia generazione è cresciuta con 2Pac, Biggie etc.

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La fine di un’era

Siamo a fine anni 90, primissimi 2000, e la Golden Age del rap si spegne lentamente ma inesorabilmente in produzioni con sempre minor gloria, qualche partecipazione sanremese ed MTV che inizia ad aprirsi prima alle sit-com e poi ai reality.

Anche l’appiattimento verso la tv spazzatura dei canali musicali inizia con la seconda metà 2000, ed è tale che nel 2018 Marracash canterà:
“Se MTV sta per Music Television
Vorremmo più video, e meno reality e fiction”
Sabbie Mobili – Marracash

I miei miti degli anni 90, coloro che hanno scritto le colonne sonore dei viaggi di istruzione, delle vacanze estive, delle camminate con il walkman nelle orecchie per le strade di Palermo, se sono ancora vivi prendono strade diverse e ognuno di questi divorzi mi lascia un po’ più orfano musicalmente.

  • Si sciolgono: Sangue Misto, Articolo 31, OTR, Sottotono.
  • Raiss lascia gli Almamegretta e Giuliano Palma lascia i Casino Royale: due colpi mortali per la produzione artistica di queste due amate band.
  • Si sciolgono i Fugees
  • Neffa molla il rap, passa al pop/soul e poi si ritira completamente come solista, preferendo passare al ruolo di produttore.

Va detto però che il suo abbandono dell’hip-hop presto lo trasformerà in ben più di un padrino spirituale per il lancio di Fabri Fibra con Turbe Giovanili. Per cui in questo caso non tutto il male vien per nuocere, seppure ogni mese continuo a scandagliare il web sperando che Giovanni Pellino oltre a qualche featuring sforni una nuova perla.

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La rabbia anni 90

Piccola digressione che deve necessariamente essere toccata per capire questi anni. La forza dirompente di Cobain, la rabbia dei Rage Against The Machine, la lotta di un’ampia fetta di giovani contro la globalizzazione, sono parte integrante di chi ha vissuto questo periodo.

Questa storia è partita nel precedente articolo con SXM, e SXM è un disco duro, che ha dentro pezzi come Lo Straniero che denuncia il razzismo verso persone di colore e terroni negli anni in cui la Lega di Bossi millantava rivoluzioni e erezioni (che un caldo posto in parlamento ha ammosciato in pochi anni e per sempre).

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“E ora fai ciò che ti dicono / ora sei sotto controllo / I morti sono giustificabili, / perché chi li ha uccisi indossa il distintivo, / e sono dei bianchi prescelti / Giustifichi gli omicidi, / siccome gli assassini indossano il distintivo, / e sono dei bianchi prescelti / Vaffanculo, non farò ciò che mi dici / Vaffanculo, non farò ciò che mi dici / Vaffanculo, non farò ciò che mi dici” da KILLING IN THE NAME OF – R.A.T.M.

Da Fight Da Faida a Straight Outta Compton, dalla rabbia di un disco rap-metal perfetto come Evil Empire al film Fight Club di David Fincher, gli anni 90 sono un decennio decisamente incazzato, perché le giovani generazioni sanno che probabilmente è l’ultima possibilità che hanno di contare qualcosa prima che sia troppo tardi.
Purtroppo però è veramente troppo tardi.

Finiscono gli anni 90, finisce la Golden Age dell’hip-hop, io finisco il liceo e i 2000 cominciano proprio di merda, con il G8 di Genova che nel 2001 sancisce la fine dei sogni di ribellione coltivati nei ’90 da più di una generazione.
Ok che tutto deve finire, come il millennio appena conclusosi.
Ma così sembra che il nuovo secolo inizi proprio di merda.

Genova-G8-globalizzazione
Tutta la rabbia giovanile degli anni 90 non è bastata a fermare la globalizzazione.

La nuova era, la trap e tutto il resto nella prossima, ultima puntata.

Qui puoi recuperare la prima parte sul rap anni 90 in Italia.

 

 

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